ESPERIENZA, APPRENDIMENTO E MEMORIA
Poniamo che io voglia insegnarvi a nuotare. Posso spiegarvi come dovete muovervi nell’acqua, quanta pressione mettere nelle braccia, descrivervi le sensazioni che ho provato o farvi eseguire dei gesti a vuoto. Potete fare attenzione quanto volete, creare una connessione sinaptica a livello premotorio, ma se volete veramente nuotare dovrete scendere nell’acqua e, per farlo, dovrete usare un’altra parte del cervello e collegarla alla parte del cervello dove avete raccolto tutti i modelli di pensiero sul nuotare. Questo meccanismo forma le nostre abitudini e il nostro comportamento. Questi modelli di pensiero vivono in una piccola parte del cervello nella zona prefrontale dove risiede la nostra consapevolezza sociale. La cultura vi gioca un ruolo molto importante. Se siamo cresciuti in un certo modo, mangiamo certi cibi, abbiamo una certa etica e certi ideali questo avrà formato le nostre abitudini e comportamenti. Più connessioni sinaptiche avremmo creato più grande sarà la nostra capacità di processare dati. Questa è la nostra consapevolezza conscia. Nel cervelletto risiede il rapporto con la mente che regola l’universo: la mente globale. Essa risiede in questa parte dell’encefalo dove non ci sono centri di consapevolezza conscia bensì centri di consapevolezza subconscia: la consapevolezza che sta al disotto della consapevolezza conscia. La mente divina, la mente cosmica, è composta dall’intelligenza del più piccolo microrganismo fino alla forma di vita più avanzata su questo piano o su tutti gli altri piani di questo universo e di tutti gli altri universi passati, presenti e futuri. Se prendessimo il cervelletto e analizzassimo uno dei suoi neuroni vedremmo che invece di decine di
migliaia di connessioni ce ne sono migliaia di migliaia. Come funziona? Noi impariamo e
raccogliamo dati e ogni volta che facciamo una connessione acquisiamo memoria di ciò che
sperimentiamo.
LA LEGGE DI ASSOCIAZIONE
Facciamo un esempio: se un bambino tocca il fuoco sentirà dolore e, per evitare il dolore, non
toccherà più il fuoco. Quando avrà fame piangerà e se ogni volta che grida gli daranno del latte
collegherà il pianto al nutrimento creando così un’abitudine e un comportamento.
Questo è il modo nel quale funziona la corteccia cerebrale. Usiamo e ci identifichiamo con
esperienze passate per costruire un modello di pensiero più grande. Ci identifichiamo con ciò che
conosciamo perché quando associamo attingiamo dalla nostra conoscenza per capire. Si è detto
prima che un neurone assomiglia ad una quercia. Nel momento nel quale lo dico voi associate un
neurone ad un albero perché sapete come è fatto un albero. La legge di associazione dice che se
io dico, per esempio, rosso voi associate il colore a qualche cosa di rosso che conoscete. Se io dico
rosso e chiedo a Maurizio, medico chirurgo, di associare il colore a una qualunque cosa lui, molto
probabilmente, dirà sangue. Se lo dico a un militante di sinistra potrebbe dire bandiera, se lo dico
a un veneziano o a un friulano quasi certamente assocerà il colore rosso al vino. Ognuno di noi,
essendo diverso, farà associazioni diverse. Noi impariamo grazie alle associazioni. Queste
costruiscono la base per accettare le cose come normali e comuni. I bambini interagiscono
costantemente con il loro ambiente perché il loro cervello impara a una grandissima velocità.
Cercano di individuare delle leggi per creare una loro normalità. Tra i cinque e i sette anni cominciano a utilizzare la loro capacità critica e cominciano a pensare. la legge di associazione dice che si deve associare una cosa a ciò che si conosce per capire ciò che avviene. LA LEGGE DI RIPETIZIONE Cosa dice la legge di ripetizione? La legge di ripetizione dice che se faccio qualche cosa più e più
volte diventerà comune e facile. Nel Tai Chi, per esempio si ripete costantemente una sequenza
fino a che, a un certo punto basterà pensare ad una certa tecnica o a un movimento per eseguirlo
in modo spontaneo e naturale. Quando un bambino comincia a camminare e va in una direzione
che può essere pericolosa per lui voi dite: No! Poi, quando avrà due anni e gli direte: fa questo. Lui
dirà: No! Non fa altro che usare la legge di associazione e quella di ripetizione. Impariamo in base
a queste leggi e da loro nascono abitudini e comportamenti ed è in questo modo che costruiamo i
modelli di pensiero. Molte volte è utile usare esempi per capire concetti astratti potendoli
identificare in base a quello che già si conosce.
Come facciamo, per memorizzare e comprendere profondamente una tecnica del corpo o una
concatenazione di forme? Dobbiamo abbandonare quell’esperienza e cominciare a riflettere fino a
che quel processo inusuale diventi normale e comune. Dobbiamo rivederlo nella nostra mente e
modellare lo schema nel nostro cervello. Abbiamo dovuto immaginare noi stessi mentre lo
facevamo. Abbiamo dovuto farlo cosi tante volte da provare noia e sofferenza. Ad un certo punto
qualcosa scatta e un processo prima lineare diventa non lineare. Nel momento nel quale avviene la zona della corteccia cerebrale dove si formano gli schemi dà il suo permesso a questa rete neurologica. Come un consulente che da la sua approvazione perché una certa cosa accada.
Quando questo avviene possiamo rilassarci ma, se dovessimo volerlo fare quando non abbiamo ancora completamente imparato non avremmo abbastanza connessioni per farlo correttamente.
Una volta che lo schema si collega con il cervelletto una qualunque arte o disciplina diventerà
nostra. ln questo modo trasformiamo cose non realistiche, astratte e illimitate in cose comuni e
normali. Una volta che sappiamo farlo non dobbiamo più impararlo: semplicemente sappiamo di
saperlo. Succede, così… automaticamente! Riassumendo: la corteccia cerebrale e stata progettata
per costruire modelli di pensiero e per creare la realtà in base alle informazioni che memorizziamo
e all’esperienze che facciamo nella vita. Praticando e ripetendo certe azioni o certi gesti
accumuliamo esperienza e cominciano a diventare neurologicamente automatici.
Per poter sopravvivere L’uomo associa se stesso a persone, luoghi, cose, tempi ed eventi e per
farlo usa i sensi creandosi un’identità e quindi un ego. L’utilizzo dei sensi per collegare il cervello
alla realtà ci permette di fare esperienza di questo piano del mondo. ll cervello analizza
continuamente l’ambiente attraverso i sensi e lo fa in base alle esperienze accumulate nel passato.
Esso valuta l’ambiente molto velocemente, lo fa automaticamente e si guarda costantemente
attorno, dice: ho già fatto quest’esperienza con questa persona e non è piacevole. Non voglio
ripeterla: me ne allontanerò. La sopravvivenza del corpo ha quindi a che fare con il rivolgersi verso
ciò che lo fa star bene e con l’allontanarsi da ciò che lo fa star male. La valutazione dell’ambiente
serve a stabilire che cosa potrebbe essere una minaccia per il corpo e per la personalità e vorrà
allontanarsene per dirigersi verso ciò che è gradevole e non minaccioso. Questo definisce il
confine e i limiti della funzione di questa parte del cervello. Una delle leggi dell’evoluzione è
rendere conosciuto lo sconosciuto attraverso le nostre conoscenze ed esperienze. Se qualcuno ci
offre l’opportunità di sperimentare qualcosa di sconosciuto e la nostra conoscenza si basa sulle
nostre esperienze, lo sconosciuto sarà associato ad una minaccia e considerato sgradevole. Non
possiamo associarlo al piacere perché non abbiamo le basi neurologiche per farlo. Questo
determina i limiti di questa parte del cervello e se questi sono i nostri limiti allora questo è il
massimo che la nostra realtà possa essere. ll nostro cervello è progettato per produrre modelli di
pensiero più grandi per poter partecipare a una realtà più grande. Ecco come è prodotta la realtà.
Quanti di noi hanno eseguito una sequenza o una qualunque attività ormai automatizzata per un
certo periodo di tempo, essendo completamente inconsapevoli di tutto? Dove eravamo in quei
momenti? Eravamo altrove. Quello che succede, ciò che facciamo avviene in uno stato di mente analogica. In quei momenti l’immagine interna della nostra mente è più reale di ciò che accade
fuori di noi. Ad un certo punto si perde il senso del tempo e il senso del corpo. Essendo esseri
umani mentre facciamo quei gesti siamo, per la maggior parte del tempo al nostro interno, e in
quei momenti siamo, analogicamente, il nostro passato. I nostri ricordi. Abbiamo potuto fare
qualcosa per decine di minuti e non abbiamo visto e sentito niente. Non abbiamo usato i nostri sensi per valutare l’ambiente e ciò che accade e che sperimentiamo è qualcosa di reale anche se avviene dentro al nostro cervello. ln quei momenti i centri di sopravvivenza scompaiono e non valutano più l’ambiente. In quei momenti il cervello non sa cosa sia reale. Se immaginiamo
qualcosa, per il nostro cervello é come fosse reale esattamente come ciò che accade fuori da noi.
Nel momento in cui esaminiamo un’idea o un concetto astratto al di fuori dei normali schemi
depositati nella corteccia prefrontale, ad esempio per apprendere una nuova tecnica, noi
consideriamo tutte le modalità possibili. Come potrebbe essere fatto, consideriamo un modo poi
un altro o immaginando altre situazioni. Se continuiamo a pensare a ciò che conosciamo e ci
avventuriamo anche oltre ciò che conosciamo, arriva un momento che quel concetto si congela e
in quel momento quel nuovo schema viene depositato nel lobo frontale e una volta fissato in
quella zona si pensa che quello che accade qui dentro è più reale di ciò che accade fuori. Nel
momento in cui succede questo, il cervelletto instaura dei collegamenti diretti con il lobo frontale
e approva qualunque sia il modello di pensiero che formuliamo: é così che costruiamo la realtà.
Può essere difficile da accettare ma questo esempio potrebbe esserci utile. Mi rivolgo ai praticanti
di Chi Kung perché conoscono queste sensazioni ma l’esempio vale per chiunque sappia
concentrare la propria attenzione con un minimo di distacco e di apertura mentale. All’inizio si sente all’interno del corpo un movimento che si manifesta spontaneamente, oppure si avverte la sensazione di espandersi. Poiché è un’esperienza che non si conosce non sempre viene percepita
e registrata oppure, associando il non conosciuto al pericolo la si rifiuta istintivamente per
ritornare ad uno stato di coscienza normale che inibisce e cancella quelle sensazioni. La prima
reazione è quella della nostra mente razionale che ci dice: è una suggestione Pinocchio…solo una
suggestione! Ma se si lascia passare un po’ di tempo e si riprende a praticare con costanza, dopo
alcuni mesi si comincia a ritenere quella esperienza come normale, magari incoraggiati e
rassicurati dal nostro insegnante. Accettata quella esperienza come possibile e non più come
straordinaria si può continuare a progredire e a fare esperienze che saranno un allargamento o
un’evoluzione delle esperienze precedenti. Cè una fine a tutto questo? No, perché ci sono infinite
dimensioni e questa storia può continuare per sempre. Come detto in precedenza noi costruiamo
modelli di pensiero che permettono di fare esperienze di realtà sempre più grandi. Continuiamo a
rivedere e ricreare in base a ciò che abbiamo fatto in passato, facciamo una nuova esperienza e
facciamo una scelta diversa per il futuro. Nel momento nel quale lo facciamo costruiamo un nuovo
modello di pensiero e se ne rimaniamo presi e se riusciamo a rimanere centrati e focalizzati su di
esso e esaminiamo altre possibilità e se ritorniamo su questo pensiero più e più volte perché il
farlo piace, nel momento in cui questo accade, in virtù della legge di associazione e di ripetizione,
quel pensiero diventerà molto comune e normale; diventerà qualcosa di conosciuto e ogni volta
che accade ci sentiamo sereni e felici. Queste sono esperienze analogiche. In base a questo
processo e basandoci su ciò che sappiamo non è lecito pensare che dopo continue esperienze
come queste potremo usare molte più connessioni e che queste connessioni sarebbero fuori dalla
zona e dai percorsi che attualmente utilizziamo? Ritornando all’esempio dei pittori Puntinisti, non, pensate che dopo molte e continue esperienze come queste la nostra coscienza si arricchisca e che si possa percepire un po più di quei 2000 punti di prima? Intendo dire: se comprendiamo e
accettiamo questo nostro limite non sarà più facile rivolgere la nostra consapevolezza oltre il suo
confine, al di fuori, ossia in un’altra parte di quei centinaia di miliardi di informazioni che
riceviamo ogni secondo e di cui abbiamo coscienza solo di una parte infinitamente piccola? Tutto
quello che dobbiamo fare è passare da queste associazioni a quelle che sono reali per il nostro
pensiero analogico. Quando siamo in questo stato rispetto a qualcosa dimentichiamo noi stessi,
siamo coinvolti, siamo catturati dalla bellezza di un gesto, di un panorama, una musica o una serie
di movimenti che facciamo o vediamo fare da un esperto (il “movimento suggerito” di un
danzatore Wu Li) non pensiamo più a noi stessi, pensiamo solo a quella cosa e diventiamo quella
cosa stessa. Noi associamo tutto a persone, cose, luoghi, tempi ed eventi e in base a queste
associazioni e dalle esperienze costruiamo e ci diamo un’identità. Sono queste le cose che danno
forma al nostro sé. Abbiamo strutture e ordini sociali, persone, luoghi, cose, tempi ed eventi che
contribuiscono a darci una forma sia essa culturale, tradizionale, etica e politica. Questo è ciò che
da forma a quello che siamo. Noi associamo il nostro sé a tutte queste cose e lo facciamo
attraverso i nostri cinque limitatissimi 5 sensi. C’è questa cosa …questo oggetto metallico…una
base, un’asta di 30, 40 Cm, alla sommità ci sono delle pale… una specie di elica. Dalla base esce
un filo… non occorre che io completi la descrizione perché avete sicuramente capito che parlavo di
un ventilatore. Lo avete capito perché avete associato la mia parziale descrizione alla vostra
memoria, ossia avete pescato indicazioni nel vostro archivio di esperienze personali. Vorrei fare un
altro esempio. Due anni fa, durante il 18° Seminario in Isola ( Un Incontro di aggiornamento
annuale nelI’lsola del Lazzaretto Nuovo nella laguna di Venezia), alle 13.00 di queIl’agosto del
2000, stavamo praticando una forma molto semplice dì Tai Chi Chi Kung. Il coinvolgimento era
pressoché totale e il grado di rilassamento veramente profondo. ll gruppo, una quarantina di
persone, stava vivendo uno speciale stato di non tempo, i nostri 200 sensi ordinari (5×40)
praticamente annullati. Erano passate le 13.00, ma nessuno lo avevano notato perché noi tutti
vivevamo in uno stato di mente analogica. Stefano, I’orchetto dell’isoIa suonò come di consueto il
gong. Improvvisamente quasi tutto il gruppo abbandonò quello speciale stato di contemplazione
per scoprire che era l’ora del cibo e che aveva fame. Avendo associato il suono del gong all’ora di
pranzo, da quel momento e per i successivi 5 minuti, l’attenzione del gruppo era drasticamente
cambiata. Tutti hanno pensato alla sopravvivenza. Il giorno dopo, all’insaputa dei praticanti chiesi a
Stefano di anticipare il suono del gong di un’ora e mezza. Dieci minuti prima, di proposito,
proposi una pratica meditativa simile a quella del giorno precedente. Il gruppo era ripiombato
senza difficoltà in un profondo stato meditativo. Puntualmente, alle 11,30, Stefano percosse il suo
magico gong e altrettanto puntualmente la mente del gruppo associò quel suono al cibo
stimolando l’emissione di quegli acidi gastrici che vengono normalmente prodotti aII’ora di
pranzo. Penso che Pavlov avrebbe sorriso soddisfatto! In conclusione: noi dipendiamo totalmente
dalla nostra memoria e dalle nostra identità. Creare un concetto o un ideale non è facile perché
dipendiamo delle nostre emozioni. Dipendiamo talmente da quello che pensiamo essere la nostra
identità che non riusciamo a sviluppare e tenere un pensiero originale perché ritorniamo a dar
forma continuamente a questa nostra identità. Passiamo tutta la nostra vita legati a quei legami
che sono le nostre credenze e le nostre abitudini. In questa maniera non riusciamo a collegarci con
le facoltà del nostro cervelletto. Questa impossibilità separa la nostra mente dalla mente del
cosmo, questo stato ci impedisce di congiungerci con l’intelligenza divina e ci nega la
consapevolezza di essere parte di un tutto.

Altre STORIETTE RACCONTI ACCADIMENTI sono contenute nel suo blog STORIETROPPOVERE Tracce mnestiche e indizi per una biografia

M° Franco Mescola