lL VIRTUOSO
“Nella città di Han-Tan, nello stato di Chao viveva Chi Chang il quale, un bel giorno, decise di diventare il più grande arciere sotto il cielo del mondo.
A quel tempo nello stato di Chao viveva, insuperato per bravura nell’arte dell’arcieria, il Maestro Fei Wei. Chi Chang fece un lungo viaggio per divenire discepolo di Fei Wei. Constatò di persona che quanto si diceva di lui era vero: colpiva una foglia da più di cento passi! Fei Wei disse a Chi Chang che, come prima cosa, doveva imparare a non battere le ciglia. Arrivato a casa e obbligata la moglie a lavorare al telaio, Chi Chiang vi si infilò di sotto con la pancia in su, intendeva guardare, senza battere le palpebre, l’avanti-indietro delle spole davanti agli occhi. La moglie, naturalmente, si meravigliò molto e disse di sentirsi imbarazzata. Chi Chiang sgridò la moglie e la costrinse a continuare. Restò giorni e giorni in quella posizione ridicola.
Dopo due anni non batteva più le palpebre anche se la staffa gli toccava le ciglia. Soddisfatto uscì da sotto il telaio. Gli occhi rimanevano aperti anche quando dormiva profondamente. Quando un ragno fece il nido nel suo occhio aperto si ritenne soddisfatto e ritornò dal Maestro.
Fei Wei ascoltò dei progressi raggiunti e disse: “Non basta, se vuoi l’insegnamento devi imparare a guardare. Prima devi riuscire a vedere una pagliuzza come fosse una montagna ed una immagine sfocata come fosse chiara”.
Chi Chang ritornò a casa. Senza salutare la moglie, chiamò il vecchio cane, frugò tra il pelo e catturò una cimice, poi strappò un capello alla moglie e, con questo, legò la cimice e l’appese alla finestra. Passò giornate intere a fissarla: la cimice rimaneva cimice. Dopo due settimane, gli parve che l’insetto si fosse, se ben di poco, ingrandito.
Dopo tre mesi lo vedeva come un coleottero. Le stagioni si susseguivano. La primavera lasciò il posto all’ardore dell’estate. Venne l’autunno con i suoi molti gialli, infine dal cielo grigio cupo cadde la neve.
Tre anni passarono, innumerevoli volte fu cambiata la cimice. Un chiaro mattino d’estate la cimice parve a Chi Chang grande come un cavallo.
Chi Chang saltò di gioia e, preso “tronco di salice, muscoli di lino” mirò alla cimice. La freccia, senza spezzare il capello, spaccò il cuore all’emittero.
Chi Chang corse dal Maestro a raccontargli del successo conseguito. Fei Wei si rizzò in piedi ed esclamò: “Bravo!” incominciò subito ad insegnargli tutti i segreti più profondi dell’arte del tiro. I progressi per Chi Chang furono incredibilmente veloci.
Dopo nove giorni dall’inizio dell’addestramento segreto, Chi Chang provò da cento passi a tirare alle foglie di salice: su cento colpi non ne sbagliò uno!
Dopo diciotto giorni provò a tirare con un arco molto robusto e tenendo sul gomito destro una giara piena d’acqua, ne sopportò il peso senza farne cadere una goccia e mandando a segno la freccia.
Passarono ancora trentasei giorni. Provò a tirare in velocità cento frecce: la prima freccia centrò il bersaglio. la seconda si infilò nella cocca della prima così come la terza sulla cocca della seconda e così via in successione. ln pochi secondi le cento frecce formarono una fila, come un’unica lunghissima freccia. Il Maestro Fei Wei esclamò istintivamente : “Bravo!”
Un giorno, trascorsi altri due mesi, Chi Chang pensava di aver appreso tutto ciò che c’era da imparare dal Maestro e questa convinzione gli suggerì un cattivo pensiero: “Chi può dire di essere bravo come me o di più nell’arte del tiro con l’arco? ll Maestro Fei Wei! Per essere il più grande virtuoso del mondo devo uccidere Fei Wei”.
Attese pazientemente una buona occasione. Un giorno in un campo un po’ fuori del villaggio vide Fei Wei venire verso di lui. Chi Chang decise di agire. Prese l’arco ed incoccò una freccia. Fei Wei se ne accorse e, a sua volta, armò l’arco. I due lanciarono le loro frecce che si incontrarono a metà strada, poi tirarono ancora ed ancora e ogni volta esattamente allo stesso punto le frecce
cadevano senza sollevare polvere. Fei Wei finì le sue frecce quando a Chi Chang ne rimaneva ancora una.
Convinto di essere il vincitore il discepolo lanciò con decisione l’ultima freccia. Nello stesso momento Fei Wei strappò un ramo da un cespuglio di rose selvatiche, intercettò la freccia con la punta di una spina e la respinse.
Chi Chang capì in quel momento quanto di se avrebbe perso e quale insostenibile rimorso lo avrebbe accompagnato se il suo piano fosse riuscito. Fei Wei dal canto suo, un po’ per il compiacimento della propria bravura, un po’ per la contentezza di aver salva la vita, dimenticò ogni risentimento nei confronti di quello che pochi istanti prima era il suo nemico mortale.
Fei Wei e Chi Chang si corsero incontro e si abbracciarono. Fei Wei, nonostante l’abbraccio, capì che Chi Chang poteva ancora pensare di eliminarlo. Architettò allora una soluzione che, oltre a liberarlo dal pericolo, gli avrebbe permesso di mantenere la sua fama di virtuoso del tiro con l’arco.
Così disse a Chi Chang: “Non ho altro da insegnarti, se vuoi conoscere i più profondi segreti del tiro con l’arco devi scalare il monte Huo Shan, raggiungere la cima e farti accettare dal Maestro Kan Ying. La sua fama oscura quella di tutti i grandi artisti del passato e del presente. Non riesco ad immaginare nessuno, al di fuori di lui, che tu possa avere per Maestro.”
Se quanto diceva Fei Wei a proposito della fama del Maestro Kan Ying era vero, il cammino da percorrere era ancora lungo. Il suo orgoglio era tale e il desiderio di divenire il più famoso arciere del mondo talmente forte, che Chi Chang partì senza indugio.
Voleva trovare quella persona e gareggiare con lui.
Scalò pareti pericolose, attraversò passi, valli e monti. Dopo trentasei giorni raggiunse la cima della montagna. Un vecchio con occhi da pecora e l’aspetto trasandato era lì a riceverlo. Difficile dirne l’età, ma doveva aver superati di molto i cento anni, aveva la schiena incurvata e una lunga barba bianca che arrivava a terra.
Concitato e con voce altissima disse al maestro lo scopo della sua visita e chiese di vedere un suo tiro. Ill vecchietto era talmente sorpreso che si bloccò a guardarlo senza parlare.
Non ottenendo risposta Chi Chang imbracciò il suo “tronco di salice muscoli di lino”, incoccò una freccia e tirò verso uno stormo di uccelli che passavano nel cielo in quel momento. Cinque grandi volatili caddero infilzati!
“Effettivamente qualche cosa la sai fare” disse laconico il vecchietto.” Mise le mani dietro la schiena e sorridendo proseguì: “Ma ciò che mi hai mostrato è ancora tiro con tiro. Evidentemente, giovane arciere, tu non conosci ancora il tiro senza tiro”
Il vecchio eremita prese Chi Chang per mano e lo guidò sull’orlo di un abisso. Sotto i loro piedi si apriva una parete verticale di oltre duemila metri. Solo a guardare Chi Chang provò una violenta vertigine e un forte senso di nausea. Il torrente che scorreva nel fondo del precipizio appariva un sottile filo d’argento.
Il vecchio balzò agile su una roccia che sporgeva parzialmente dall’orlo del precipizio e da lì chiamò Chi Chang e chiese: “Perché non rifai quel bel tirino da questa roccia?”
Chi Chang, che non poteva, né voleva ritirarsi, salì sulla roccia. Giunto accanto al Maestro il masso oscillò leggermente. Si fece coraggio e tentò, senza riuscirci, di incoccare la freccia. Mentre ritentava un sasso si staccò dalla parete. Chi Chang ne seguì la traiettoria con lo sguardo. ll panico si impadronì di lui, le gambe gli cedettero e si trovò disteso sulla dura roccia grondante di sudore.
ll vecchio rise e poi lo aiutò a scendere dalla roccia.
“Vuoi vedere un tiro?” chiese Kan Ying dopo essere risalito sul masso.
Con il cuore impazzito, il volto pallido come un cencio straccio Chi Chang disse: “Ma come puoi tirare con l’arco se non hai l’arco?”
“L’arco e la freccia?” disse il vecchio ridendo. “Se si effettua il tiro con il tiro, questo sì, ma per il tiro senza tiro non c’è bisogno di alcuno strumento”
Proprio allora in alto; molto in alto, una gazza disegnava un’ampia circonferenza. Kan Ying indica il piccolo punto e collocata una freccia senza forma su un arco invisibile tese una corda altrettanto invisibile e scoccò. Si udì un fischio assordante: SWIFF! Dall’alto del cielo la gazza precipitò verso terra come un sasso.
Chi Chang si sentì male. Perla prima volta aveva intravisto l’essenza dell’arte. Un pauroso abisso!
Nove anni passò Chi Chang presso il vecchio Maestro. Non si conoscono gli esercizi ai quali si sottopose in quel lungo periodo. Quando ritornò al suo paese gli abitanti furono impressionati del suo aspetto. Aveva perso quell’atteggiamento bellicoso e dinamico di chi si considera vincitore.
Sembrava piuttosto un pover’uomo mite e un po’ sballato.
Si recò dal suo primo Maestro Fei Wei che gli esternò la più grande ammirazione: “Ora in tutto il mondo ti si onora come un grande Maestro. Noi siamo dei bambini nei tuoi confronti.”
La gente si aspettava di vedere Chi Chang dimostrare la sua arte. Chi Chang non faceva caso e mai gli passò per la testa di imbracciare un arco. Sembrava aver dimenticato “Tronco Di Salice Muscoli Di Lino”, il favoloso arco che lo aveva accompagnato sulla montagna.
Quando gli fu chiesto il perché, rispose: “ll vero fare si fa senza fare. ll vero tiro si fa senza tirare.”
Gli abitanti di Han Tao capirono e il virtuoso dell’arco che non usava l’arco divenne l’orgoglio della città.
Più Chi Chang non faceva, più la sua fama si estendeva e, da allora, nessuno pensò che egli potesse avere un avversario degno di competere con lui.
Molte dicerie correvano di bocca in bocca. Si diceva che passata la mezzanotte, sul tetto della casa di Chi Chang, si udisse il vibrare assordante di un arco gigantesco. Si diceva che il Dio del tiro con l’arco avesse preso dimora nel corpo del virtuoso e che uscisse di notte dal suo corpo per
allontanare gli spiriti maligni. Qualcuno disse di aver visto nel cielo, sopra la casa di Chi Chang la figura del virtuoso che gareggiava in bravura con Ye Yang e Yu-Chi, i due virtuosi dei tempi antichi.
Si disse anche che le frecce lanciate dai tre virtuosi volavano lasciandosi dietro una scia di luce che spariva nello spazio tra la dimora delle stelle dell’ovest e il lupo nel cielo.
Per molto tempo in quella regione a causa della fama raggiunta da Chi Chang molti pittori nascosero i loro pennelli, i musicisti spezzarono le corde dei loro liuti, gli artigiani si vergognarono di usare i compassi, i maestri di arti marziali di eseguire le loro forme…

Altre STORIETTE RACCONTI ACCADIMENTI sono contenute nel suo blog STORIETROPPOVERE Tracce mnestiche e indizi per una biografia

M° Franco Mescola